Autoricordi: Sunbeam Rapier

Nel 1958 qualcuno regalò a me e a Paolo mio fratello alcune piccole automobiline di metallo, lunghe pochi centimetri. Made in England, la prima espressione inglese che incontrai nella mia vita. Ci giocammo molto. Ricordo che una era una Cadillac, auto avvolta di fascino e grandiosità americana, poi c’erano un camioncino rosso dei pompieri e una corriera azzurra. Tutte minuscole e pesanti, spinte correvano velocissime sul pavimento dell’appartamento dove abitavamo, a San Giacomo dell’Orio. Quella che mi piaceva di più era una Sunbeam Rapier, che mi portavo anche a scuola nella cartella insieme al sussidiario e al libro di lettura foderati di carta blu e ai due quaderni a righe e a quadretti dalle copertine nere. Nessuno dei miei compagni ne aveva una simile. Sunbeam Rapier: nome misterioso, i miei genitori non sapevano l’inglese e non sapevano cosa significasse. Non ne ho mai vista una vera, ma l’immaginazione ha galoppato a lungo. Sognavo di impugnare un volante, di essere grande.