Rileggo Simone Weil 31

I miliziani del Testamento spagnolo che inventano vittorie per sopportare la morte; esempio dell’immaginazione che colma il vuoto. Sebbene non ci sia niente da guadagnare dalla vittoria, si sopporta di morire per una causa che sarà vittoriosa, non per una causa che sarà persa. Per qualcosa del tutto privo di forza, sarebbe sovrumano; discepoli del Cristo. Il pensiero della morte esige un contrappeso, e questo contrappeso – a parte la grazia – non può essere che una menzogna.
(…)
La morte, fonte per gli uomini di ogni menzogna e di ogni verità.
(II, 59)

L’umano è l’animale che pensa la morte. Per questo la morte è sempre al centro. Essa è generativa dell’immaginazione proprio perché gli umani non possono accogliere nel pensiero quel vuoto che essi soli pensano: sono esseri paradossali. “Siam pronti alla morte” per entità immaginarie perché queste hanno con la morte un legame indistruttibile. Coloro che, come gli psicologi evoluzionisti, si illudono di possedere la chiave interpretativa dell’umano nella metafisica dell’evoluzione che non sa di essere tale (cioè una metafisica) oscurano la tendenza fondamentale che ci anima: l’animale, l’umano e il dio sono nati nello stesso istante e possono essere definiti solo in relazione reciproca. Per questo, anche, nessun discorso può essere mai totalmente separato dalla religione, e ogni anti-teologia si rovescia in pseudoteologia, e ogni ateismo non può vivere come semplice a, ma ha bisogno vitale di ciò che lo segue.

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