Se si considera la figura del topo nell’immaginario occidentale dell’ultimo secolo, quale appare mediato dal cinema e dalla televisione, non si può non rimanere stupiti. Dal Topolino di Disney a Geronimo Stilton passando per Topo Gigio e per una moltitudine di roditori umanizzati, tutti appaiono eroi positivi, mentre i loro principali antagonisti, i gatti, svolgono il ruolo di villains.
Ora, questo è un colossale rovesciamento della realtà, ove il topo nelle sue varie specie, dal topolino delle risaie al ratto delle chiviche, è stato per l’umanità una peste, che consuma le risorse alimentari, porta malattie, rovina i libri, ecc. ecc. Un animale da cui l’umanità si è sempre dovuta difendere. Mentre il gatto è stato un animale benefico, non a caso compagno dell’uomo da migliaia di anni. Qui ovviamente non regge l’obiezione che in natura c’è posto per tutti, perché nel suo meraviglioso ordinamento anche il topo e la zanzara svolgono un’utile funzione: l’umano non è naturale, e non lo sono nemmeno i film. Qui il problema sta nell’ordine culturale.
Le mamme che portano i bimbi a vedere il film Ratatouille, quando tornano a casa aprono per il loro gattone una scatoletta di salmone, mentre se vedessero in un angolo della cucina un piccolo topino si metterebbero a strillare come aquile.
Mi pare che si possa affermare che il rovesciamento dei ruoli nello spettacolo ha un significato apotropaico-rituale. Si inserisce in quell’universo di pratiche con cui l’umanità rappresenta il reale in forma rovesciata proprio per scongiurare che ciò che è rappresentato esca dal piano della pura rappresentazione e si incarni nella sfera del mondano.

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