In Science and Faith di Eric Gans (Rowman & Littlefield, Bollman Place, Savage, Maryland 1990) leggo e qui traduco:
Una teologia include un’etica, ma non è solo un pretesto per essa. L’elezione di Israele da parte di Dio può essere preziosa per Israele solo a patto che Dio sia concepito come preesistente ontologicamente. Chiaramente sarebbe inconcepibile all’interno della comunità l’affermare al modo di Durkheim che il Dio di Israele è una mera emanazione della sua solidarietà collettiva. L’interpretazione di Durkheim presenta l’indubbio vantaggio di evitare il soprannaturale; ma a dispetto della sua apparente obiettività, con l’ipostatizzare la comunità dei credenti in un’unità monadica, essa preclude la questione centrale del che cosa abbia costituito la comunità in origine.
La teologia può essere integralmente soppiantata dal discorso scientifico solo se la totalità del suo discorso antropologico può essere assorbita da esso. La posizione teistica, cui l’antropologia positiva non ha tentato mai di rispondere, afferma l’impossibilità di un tale assorbimento, sia nella teoria che nella pratica. Il fatto che la fonte della rivelazione teologica trascenda ogni reale o perfino concepibile comunità umana le garantisce un’apertura intuitiva del centro che perfino l’antropologia più radicale e risoluta non può essere sicura di poter mai uguagliare. [pag. 80]
