Utoya

Dice Umberto Veronesi, qui, sostenendo la validità della sentenza del tribunale che ha giudicato il responsabile delle stragi di Oslo e Utoya: «Fino a pochi anni fa pensavamo che con il tempo aumentassero solo le sinapsi, i collegamenti fra neuroni. Oggi abbiamo scoperto invece che il cervello è dotato di cellule staminali proprie, e dunque si rigenera. Quindi anatomicamente il nostro cervello può rinnovarsi. In effetti ognuno di noi può sperimentare come il suo modo di pensare e sentire non sia lo stesso di 10 anni prima; ma il ragionamento ha ben più forti implicazioni a livello della giustizia, perché il detenuto non è la stessa persona condannata 20 anni prima. Personalmente io appartengo alla vasta schiera dei sostenitori dell’ origine ambientale del male: non esistono persone geneticamente predisposte al delitto, ma esistono persone psicologicamente più fragili che vengono influenzate da fattori esterni (famiglia, cultura, disagio sociale o psichico) che li spingono al crimine. Se accettiamo questo presupposto scientifico, allora tanto più il compito della giustizia non è la vendetta, la greca Nemesi, ma è la Metanoia, il ravvedimento predicato da Giovanni Battista sulle rive del Giordano, e dunque la rieducazione e, in caso di successo, il reinserimento sociale.»
Questa posizione di Veronesi ha in comune con quella espressa da Arnaldo Benini sul Sole 24 ore di oggi la riduzione (contraddittoria) dell’umano al cervello e l’annientamento del concetto di responsabilità delle azioni compiute. Continua a leggere