Vito Mancuso scrive molti libri, ha un grande successo, i suoi articoli compaiono in un giornale della borghesia laica di sinistra, piace ai laici (qui uso il maledetto termine laico nei suoi due sensi), è detestato dai cattolici tradizionalisti. Non sono tra questi, e il successo di Mancuso non suscita in me alcun risentimento. Il suo ultimo lavoro è questo Obbedienza e libertà (Fazi 2012). A suo tempo ho scritto una critica di quello che ritengo tuttora il libro più importante di Vito Mancuso, L’anima e il suo destino, e dissento da alcune delle idee principali di questo teologo, e tuttavia ritengo che meriti molta attenzione. Mancuso è anzitutto un teologo che non è un prete, e questo da noi è cosa abbastanza rara. Inoltre è uno che si esprime con libertà su temi di fondo, è questo tra i cattolici italiani è cosa ancor più rara. Che poi Mancuso possa essere ritenuto senza problemi un cattolico tra tanti, questo non mi appare certo. Io lo vedo decisamente eterodosso, e mi piacerebbe che le sue posizioni suscitassero un vivace dibattito nella Chiesa italiana, con una libera partecipazione di chierici e laici, ma questo non avviene. Non avviene perché il laicato cattolico da sempre non si esprime sulle questioni di fede, avendo delegato il pensiero alla classe sacerdotale, che costituisce a sua volta una struttura autoritaria, che non ama il dibattito e intende il dialogo solo come strumento. E con questo io stesso mi colloco tra gli eterodossi e i critici della Chiesa cattolica gerarchica e papista, come sono in realtà da sempre. Continua a leggere