Non è possibile dire quando scoppiò fra il genere umano la malattia cui volgarmente si dà il nome di «nervosismo», e che gli scienziati dell’ultima metà del secolo, specialmente Charcot e Beard, più profondamente studiarono, fissando due tipi morbosi abbastanza delineati: l’isterismo e la neurastenia. Senonchè, mutano i nomi, muta la concezione scientifica del male, ma i fatti restano nella loro imperturbabile verità: e si può affermare che il genere umano da secoli e secoli è soggetto alle medesime sofferenze, più o meno intense, più o meno dai medici studiate. Disturbi, cui oggi daremmo l’epiteto di neurastenici, furono descritti da Ippocrate, il così detto padre della medicina, che visse, come ognun sa, nel V° secolo av. Cristo; e fenomeni, che indubbiamente sono a riguardarsi quali isterici, grandeggiano nella storia, nei periodi di maggior entusiasmo religioso e patriottico. Non è dunque un triste privilegio dei nostri tempi il «nervosismo»; probabilmente esso fu compagno fedele dell’uomo in ogni epoca e in ogni luogo, pur dando manifestazioni diverse di sè. E se oggi esso va, per consentimento generale, estendendosi con rapidità inquietante, ciò dipende, non solo dalla vita poco igienica pel sistema nervoso che ci impone il progresso della civiltà, ma anche dall’opera stessa della scienza e dei suoi cultori. Da un lato lo studio più profondo e più esteso che si fa intorno a tale infermità, per cui sono oggi giustamente giudicati nevrotici individui, che un tempo sarebbero passati per affetti da malattia d’altra natura; dall’altro la osservazione troppo incerta fatta da noi medici sui poveri pazienti.
Per tutte queste ragioni oggi ad ogni piè sospinto s’incontra chi si dichiara «nevrotico», o chi è tale e non sa di esserlo o non vuole esserlo; epperò di massimo interesse parmi lo spiegare anche a coloro, che non si siano dedicati alla scienza medica, il modo migliore per evitare il nervosismo e per guarirne, quando sventuratamente siano caduti in balìa di esso.
E’ buona regola, e anzi regola necessaria, fare la diagnosi del male avanti di accingersi a curarlo: parrebbe pertanto che io, avanti di parlare della cura del nervosismo, dovessi chiaramente spiegare come si giunga alla diagnosi di esso e magàri anche alla distinzione dell’ «isterismo» e della «neurastenia», che sono indubbiamente le due sindromi più spiccate del nervosismo.
Non avrò mai detto abbastanza che codesta diagnosi non può essere fatta in alcun modo da un profano: se alcune volte essa è facile, non di rado presenta le più gravi difficoltà anche per il clinico. Ma quando un medico sapiente e coscienzioso ci abbia dichiarato che noi siamo nevrotici, isterici o neurastenici o l’uno e l’altro insieme, allora è utile a noi sapere a quale cura dobbiamo assoggettarci. Orbene: vuoi per la neurastenia che per l’isterismo, un’arma sola terapeutica possediamo per ora, e si è la cura psichica, la cura diretta cioè senza intermediari al cervello, sul quale, per fortuna nostra, possiamo portare modificazioni importantissime, non solo con i farmaci, ma anche e assai più colla parola, la quale suscita nel nostro cervello una somma di idee, di sentimenti, di riflessioni aventi la facoltà di trasformare la sensibilità e la potenzialità cerebrale.
La cura psichica, la psicoterapia, è antica anche essa certamente quanto il genere umano, perché fin dai primordi della sua vita l’uomo si è accorto di questa arma poderosissima di cui disponeva: dell’influenza cioè che poteva esercitare sul suo simile, suscitando in esso coll’espressione del proprio viso, coi gesti del corpo, col suono della voce e colla parola calda e persuasiva un contenuto di idee rispondenti al proprio desiderio. E i grandi condottieri di popoli, i profeti, i guerrieri più noti, gli oratori più acclamati, i maggiori statisti furono, in ogni tempo e in ogni luogo, bene spesso inconsci, ma sempre fortissimi trasmettitori di pensiero. I medici di tutti i tempi massimamente profittarono di questa facoltà, che nell’uomo eccelle ad altezze prodigiose; ma i metodi per agire sul cervello umano e mutarne le idee non ebbero e non hanno numero, e vi furono, come vi sono tuttora, medici che, per guarire i nevrotici, ricorrono semplicemente a adattati raziocini, altri che usano l’ipnotismo, altri infine, e sono i più, che sfruttano le più disparate medicine e i più disparati mezzi fisici, specie elettrici, nei quali essi stessi non hanno alcuna fiducia come cura diretta, ma di cui si servono solo a scopo suggestivo.
La scienza moderna psicoterapica mira ad abolire tutti questi mezzucci, che sanno più di ciarlataneria che di scienza, e tende a raccogliere una medesima bandiera tutti coloro che si danno alla cura dei nevrotici, sotto la bandiera della verità e della sincerità. Il malato, o meglio il sofferente, in cui noi possiamo fissare con sicurezza la esistenza dei fenomeni isterici o nevrastenici, deve essere in modo chiaro e scientifico messo a giorno delle vere condizioni sue, perchè solo in questo modo è possibile, con opportuni raziocini, ricondurlo stabilmente al completo benessere, perchè solo in questo modo gli si dà in mano lo strumento della propria salute. Ond’è che per curare e guarire i nevrotici bisogna prima di tutto fare una specie di lezione prettamente scientifica, la quale ha lo scopo di spiegare come si possa soffrire nei singoli organi senza che in essi esista malattia.
Ecco in breve ciò che occorre dire:
I fisiologi da un lato, i clinici dall’altro, con esperienze e con osservazioni, hanno dimostrato ciò che i profani già avevano da gran tempo intuito, hanno dimostrato cioè la influenza della funzione cerebrale su quella di tutti i nostri organi. Il cervello è il nostro padrone e dominatore; egli è paragonabile al guidatore di un cocchio:le briglie sono i nervi i cavalli sono i nostri organi. Orbene i cavalli possono male correre, o anche impennarsi o fermarsi, non solo quando sieno essi stessi malati, ma anche quando, pur essendo sanissimi, ricevano dal guidatore, che personifica il nostro cervello, ordini mal dati, stimoli errati. Il fenomeno cerebrale che più specialmente si scarica su i nostri organi e ne determina il cattivo funzionamento è la «emozione». Immaginiamo di trovarci ad un banchetto ove regnino la più assoluta concordia e la più completa allegria. Giunge a un tratto una notizia dolorosa per tutti. Non v’ha dubbio che il fenomeno che si svolge nei convitati è solamente psichico, l’impressione ricevuta è solamente cerebrale: è un’idea nuova per tutti e che in tutti ha determinato una emozione dolorosa. Tuttavia posso assicurare che pochi continueranno a sentirsi bene fisicamente come avanti la notizia: i più in breve accuseranno svariati disturbi: chi si asterrà dal mangiare, avendo notato repentinamente un senso di inappetenza, chi sentirà una sete intensa per subitanea aridità delle fauci, chi verrà colto da mal di capo, chi da batticuore, chi da affanno, chi da un senso di generale debolezza, chi (meno pulitamente) dovrà ritirarsi perché colto da dolori al ventre, o da necessità impellenti. Tutti malati costoro? No davvero. Tali scariche (mi si permetta la parola) psicofisiche, possono essere più facili e più veementi in alcune persone che in altre, più specialmente facili su un organo che su un altro; ma tale attitudine, che potrebbe rappresentare una delle predisposizioni al «nervosismo», e il suo orientarsi verso la funzione dell’uno o dell’altro organo, tale attitudine può essere modificata e sopra tutto può essere mantenuta nei limiti conciliabili colla salute, quando il nostro cervello sia opportunamente educato. Siamo dunque giunti a questo punto: la emozione, fenomeno essenzialmente cerebrale, è atta a determinare modificazioni nella funzione degli organi del nostro corpo, è atta a modificare repentinamente la sensibilità, la motilità, la secrezione ghiandolare, la circolazione sanguigna degli organi stessi; forse anzi i giuochi circolatori sono i principali fattori di tali rapide metamorfosi, per azione precipua dei nervi vasomotori, atti a mutare l’ampiezza dei piccoli vasi. In poche parole, come per un fatto essenzialmente psichico o cerebrale che dir si voglia, l’uomo impallidisce o arrossisce nel volto, così, per tutti i fenomeni psichici racchiudenti in sé la emozione, l’uomo può arrossire o impallidire, non già o non solo nel viso, ma nell’uno organo o nell’altro. Tali fenomeni peraltro si conciliano, sino a un certo grado, colla perfetta salute, e niuno per certo ardisce di riguardare malato chi abbia facilità a divenire rosso o pallido, anche per futili motivi.