Settecento pagine scritte impeccabilmente, una macchina narrativa perfetta. Il potere del cane che dà il titolo al poderoso romanzo di Don Winslow The Power of the Dog (2005, trad. it di G. Costigliola, Einaudi 2009) è quello della violenza scatenata, che massacra uomini, donne e bambini nel Messico dei narcotrafficanti. In realtà, qualcosa in questo libro evoca la Trilogia di Cormac McCarthy, benché non vi siano le sue profondità antropologiche e metafisiche: il Messico del sangue sparso e dell’immensa linea di confine continuamente varcata nei due sensi. Ma questo è il Messico dei narcotrafficanti in senso letterale: essi lo possiedono, in un’alleanza diabolica con politici, ecclesiastici, servizi segreti statunitensi e polizie locali e federali. L’insaziabile sete di droga di New York e Los Angeles produce un fiume di denaro che corrompe ogni cosa. Nella vicenda narrata da Winslow ci sono molti personaggi, tutti ben disegnati in chiaroscuro. Alcuni sono vicini ad una bestialità perversa, altri hanno con la violenza un rapporto ambiguo, altri ancora ne sono terrorizzati. Nessuno è del tutto puro. E anche il vescovo Parada, che muore perdonando il suo uccisore, è un uomo di carne con le sue tentazioni. Il denaro qui sembra davvero lo sterco del demonio.
Tuttavia, mi sembra interessante il fatto che questo romanzo non si muova nel solco della cultura popolare animata dal risentimento e dalle tensioni vittimarie. Anche un signore dei narcotrafficanti come Adàn, responsabile di morti e corruzione, è capace di amore, e vorrebbe essere amato: dalla sua amante e soprattutto dalla figlia disabile, per la quale rischia la vita. Certo, ci sono personaggi apparentemente a tutto tondo come Art, il messicano-statunitense nemico mortale di Adàn, che lotta fino allo stremo contro il narcotraffico, e cerca vendetta per il suo collaboratore ucciso, e rinuncia per questo fine alla sua stessa famiglia, e si rende responsabile di un cumulo di morti, per constatare alla fine che la droga imperversa più che mai. Ma anche in essi ci sono incrinature, e lo scontro tra l’umano e il disumano. Il noir raggiunge qui un vertice. La droga infatti costituisce un potentissimo fattore di dissoluzione della società, che è il tema fondamentale di ogni noir. Molti personaggi trovano morte violenta. Le salvezze individuali non costituiscono per nulla un lieto fine.
