Sport barbaro

Sport barbaro. Critica di un flagello mondiale

 Sport barbaro di Marc Perelman (Le sport barbare, 2012, trad. it. di G. Rossi, Medusa 2012) si presenta come la critica di un flagello mondiale. Siamo qui sul lato francese della teoria critica di origini francofortesi, esercizio puro della negazione determinata. Perelman vede lo sport come macchina mondiale, gigantesco ingranaggio che stritola il pianeta.

«In senso più generale, le trasformazioni avvenute nelle città che hanno ospitato i Giochi olimpici (… ) sono il segno di come nel rinnovamento prodotto dall’architettura e dall’urbanistica si manifesti il nuovo orientamento della globalizzazione, ovvero l’omogeneizzazione o l’uniformazione delle città deL mondo.» (p. 23)

La critica di Perelman si esercita sullo sport nel suo insieme, ma diventa particolarmente acuta nei confronti delle Olimpiadi, a cominciare dal loro testo sacro.

 «La Carta olimpica è semplicemente la forma fenomenica, feticistica, di realtà sociali più complesse. In effetti, è come se da un lato ci fosse la legge olimpica e la sua espressione nella Carta, una struttura intangibile; e, dall’altro, la realtà meno fumosa, meno eterea, “non ideologizzata” dello sport con il suo corteo di violenze, di corruzione, di truffe e di doping.  La Carta olimpica è una formidabile macchina ideologica che non soltanto dissimula ma soprattutto fabbrica menzogne, mistificazioni, contro verità, illusioni, e tutto questo al cuore del suo stesso testo e in quanto testo.» (pp. 32 – 33)

Essendo un flagello, pura negatività, mera ideologia e intreccio di interessi, secondo Perelman nello sport non vi è nulla che possa essere salvato.

«Lo sport ha la funzione di stabilizzare il sistema vigente attraverso l’identificazione con i campioni (“gli dèi degli stadi”) e la depoliticizzazione che comporta: la razionalizzazione dei grandi miti (la sana concorrenza tra individui), il rispetto della naturale gerarchia tra forti e deboli, le disparità sociali che si nascondono dietro una pseudo uguaglianza tra i partecipanti, la costituzione di un blocco socio-ideologico e pratico compatto, la messa in opera di una vera catena: selezione, allenamento, competizione, misura, record… Lo sport è, effettivamente il nuovo oppio dei popoli…» (p. 58)

Ai miei occhi, l’analisi perelmaniana ha il difetto di essere governata dal furor, un furor criticus che la dota dello stesso carattere totalitario che è proprio dell’oggetto della critica. Sfugge poi all’autore francese il carattere sacrificale che è intrinseco allo sport stesso, ed è il suo elemento originario, e non è affatto in contraddizione col fiume di denaro che lo percorre. Inoltre, il violentissimo risentimento che percorre la critica totale di Perelman mi sembra molto tipico dell’intellettuale escluso dal Centro. Ovvero in particolare dell’intellettuale novecentesco, la cui essenziale marginalità si traduce aut in critica corrosiva e infine autodistruttiva e masochista aut in panegirico dei Poteri che gli possono garantire una posizione meno lontana dal Centro stesso.

Un pensiero su “Sport barbaro

  1. Ciao prof, per quanto poco possa valere ti do la mia opinione in merito. Io non conosco Perelman ne il testo da lui scritto e nemmeno altri suoi testi, però tanto di quello che dice lo trovo veritiero e azzeccato.
    Lo sport per come lo vediamo oggi, dove la risonaza che sa dare la grancassa dei media è altisonante e spesso deviante, è diventato uno spettacolo che serve solamente per ingraziarsi le masse che, come ben dici tu, hanno bisogno di dei e di riti collettivi in grado sognare il superuomo e di sfogare l’aggressività che cova sempre sotto la cenere specialmente nei momenti di crisi:
    La prova è che i paesi che hanno più problemi economici sono anche quelli che allo sport (soprattutto il calcio) danno un’importanza vitale e che le Olimpiadi siano diventate con il tempo solo una macchina da soldi è lampante.
    Sul fatto poi di quanto ci possa essere parità tra gli atleti dei vari paesi nella preparazione e nei conseguenti risultati, credo non si possano fare ragionevoli paragoni, poichè vorrei vedere le tabelle di allenamento, le privazioni e gli sforzi a cui vengono sottoposti gli atleti asiatici o africani in confronto a quelli occidentali che vivono in un mondo dorato dove la voglia di emergere non comporta togliersi dalla fame o dalla miseria ma solo avere una medaglia al collo. Buona e ancora fresca serata Franca

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