Amore

L’amore autentico è realizzazione di sé non nel possesso dell’altro ma nella contemplazione del suo essere altro dal sé, e non come un oggetto ma come un altro sé. Dunque, l’amore cristiano implica la differenza e la pluralità. In fondo, rimanda al compiacimento di Dio creatore, che considera buono ciò che non è Lui. È per questo che io diffido di tutte le posizioni che sostengono che l’unico oggetto degno dell’amore divino è Dio stesso: non vi sarebbe stata la Creazione.

9 pensieri su “Amore

  1. L’amore non è consapevolezza. La consapevolezza si inscrive nell’orizzonte del sapere, e sapere non è amare. La consapevolezza di sé come amante e l’amore di sé in quanto amante può anche portare ad una forma di amor sui pervertita, l’amore dell’amore. Invece si può correttamente dire che l’amore di sé è la base dell’amore dell’altro, in quanto si veda l’altro come un altro sé.
    Fondamentale è che si ami l’altro in quanto puramente altro sé, e non come oggetto del proprio amore, altrimenti si ha il corto circuito in cui l’altro non è che la mediazione di un amore che ritorna su se stesso.

  2. Apprezzo, condivido questa riflessione e la sento profondamente mia.
    Tuttavia, così come è posta, nel suo rimandare al “compiacimento di Dio creatore, che considera buono ciò che non è Lui” sembra connotare l’amore cristiano come amore che presuppone un atto di creazione (anche i tags da Lei prescelti per contrassegnare questo post sono indicativi: “amore – creazione”).
    Così sarebbe amore autentico, paragonabile a quello di Dio per il creato, solo l’amore materno.
    In questo la realizzazione di sè è avvenuta nel momento della creazione, cui segue – nella fisiologia del rapporto genitoriale – la contemplazione del “creato”, amato come altro da sè.
    Laddove manca questo momento, ecco sorgere allora l’umana (?) esigenza di di immedesimazione o, addirittura, di possesso dell’amato.
    Come superare questo ostacolo? In altri termini, è possibile un amore autentico oltre il “creato”?

    Posso permettermi ancora una domanda? E’ davvero in rerum natura la dicotomia tra sapere ed amare, tra ragione e sentimento (che trovo proposta nel suo commento 2) o è possibile anche “pensare” ciò che si ama? è naturale o no nutrire la consapevolezza e la coscienza del proprio amore?

    Spero di non essere stata eccessiva nell’interrogare e di non avere così abusato della sua pazienza.
    C.

  3. Nessun abuso :) Secondo me occorre distinguere la generazione di un figlio dalla creazione. Generano anche gli animali: ciò che ci distingue da loro è il fatto che noi rappresentiamo anche la generazione, cioè la introduciamo nell’orizzonte dei segni (e del logos). La creazione è sperimentabile anche dall’umano maschio, nella forma dell’arte, ma anche generalmente nel rapporto umano, nella relazione, anche la paternità può essere creativa. L’amore materno è spesso il più possessivo di tutti gli amori, la generazione materna non garantisce affatto la percezione piena dell’alterità dell’altro, tant’è vero che moltissime madri soffrono per il crescere e il rendersi autonomo del figlio, e lo ostacolano in tutti i modi. E nemmeno il sacrificare sé per il figlio è di per sé segno di amore creativo.

    Tra amare e sapere io non propongo dicotomia né antitesi, ma una distinzione. Essa consente una sana dialettica tra i due poli, che si richiamano e si integrano reciprocamente: c’è amore del sapere e sapere dell’amore.

  4. Non mi ricordo quale saggio cinese (l’ho letto non so dove qualche tempo fa), ha detto che amare una cosa consiste nel volere che essa viva.
    Mi è sembrato bello, perché vuol dire non soffocare l’altro, ma custodirlo, aiutarlo a crescere, e credo che valga anche per la natura. Se poi amo me stessa devo volere la mia propria vita, cosa che è inseparabile dall’amare l’altro.
    Approfondendo questo discorso credo si accordi con il principio dell’amore cristiano: Dio vuole che il mondo viva, che il peccatore viva (si converta, e viva, perché come fa a vivere lontano da Dio che è la vera vita?)

  5. sintetizzando…
    l’amore è generosità mirata al cuore :-)

    l’amore è una potenza, al contrario dell’odio, che si autoalimenta da solo e si consuma nel suo stesso principio, l’amore prende energia dalla creazione, e quindi non ha limiti.
    però bisogna ammettere una contraddizione:
    l’amore non può esistere senza il suo contrario, sulla terra.

  6. Resta la mia perplessità che allorchè manchi il compiacimento appagante della creazione sia più difficile nutrire un amore autentico e si tenda così a surrogare il compiacimento dell’atto creativo con il compiacimento del possesso, che in realtà è diretto a nutrire il proprio ego, nel corto circuito da Lei così ben descritto.

    Circa la possessività dell’amore materno non v’è dubbio, per questo mi ero preoccupata di precisare “nella fisiologia del rapporto genitoriale”; ché se diviene soffocante, ostacolante è patologico.
    Anche qui l’amore di Maria per il Figlio, dato al mondo (non solo nel senso di generato), è esemplare.
    L’amore materno mira alla separazione, si compie nella divisione, già al nascere; le altre forme d’amore, prima fra tutte quella tra uomo e donna, tendono se non alla unione, alla con-divisione.

    Infine, sui due poli dialettici, sul primo mi oriento, è la filosofia insomma; sul secondo, sul sapere dell’amore (amore come oggetto, come concetto, come soggetto pensato?), francamente un po’ meno.
    Ma non intendo davvero abusare.
    Grazie per lo scambio.
    C.

  7. Sono daccordo con te. Fabio.
    Addirittura rilancio.
    Non credo che prima del Dio della Genesi l’umanità abbia realmente avuto esperienza positiva dell’Altro, nè riguardo a Dio nè riguardo al prossimo. L’eroe tragico conosce la colpa e l’occhio giudice del Dio, ma non il perdono. Non siamo capaci di perdonare all’oggetto d’amore la sua finitezza, se prima non abbiamo sentito il “compiacimento” di Dio sulla nostra, e addirittura il suo perdono per la nostra fedifraga miseria.

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