La pietra dello scandalo

girard.jpg

Uno dei temi che emergono con più forza dal libro di René Girard, La pietra dello scandalo (Celui par qui le scandale arrive, 2001, trad. it. a cura di Giuseppe Fornari, Adelphi 2004), è, a mio parere, quello del carattere specifico dell’Occidente contemporaneo. Secondo Girard, l’Occidente si differenzia dalle altre culture essenzialmente per la sua tendenza all’autocritica e al relativismo.

Il relativismo per il pensatore della teoria mimetica è un fattore negativo (e infatti una sezione del libro si intitola Contro il relativismo), mentre l’autocritica è un portato del Cristianesimo, e differenzia in senso positivo gli occidentali dagli altri, se non che tende progressivamente a volgersi in esaltazione aprioristica di tutto quel che occidentale non è, e in accoglimento dell’autoesaltazione propria di tutte le altre culture umane, in cui non è penetrato il tarlo della Rivelazione giudaico-cristiana. Insomma, l’occidentale contemporaneo colto e politicamente corretto è pregiudizialmente ben disposto verso tutto ciò che è altro da sé, e portato alla colpevolizzazione della civiltà occidentale (e cristiana) in quanto tale. Almeno a parole. Una delle conseguenze è stato, secondo Girard, il primitivismo che ha contrassegnato molti momenti dello sviluppo della cultura europea e occidentale.

Gli occidentali (…) hanno inventato un nuovo modo di concepire il rapporto fra la loro cul­tura e le culture straniere, un modo contrario al­l’autoesaltazione tipica di ogni civiltà. Per dare rea­lizzazione a questo atteggiamento singolare, coloro che lo condividono si rifanno il più delle volte a un sistema culturale straniero e, confrontandolo con quello occidentale, ne argomentano la superiorità. Per meglio opporsi, in breve, all’autoesaltazione dell’Occidente si adotta, o si finge di adottare, l’au­toesaltazione propria di un’altra cultura.
Ciò spiega come mai, nella civiltà occidentale de­gli ultimi cinque secoli, i mondi arcaici siano così presenti, diventando talvolta l’oggetto, specialmen­te fra pensatori, scrittori e artisti, di infatuazioni straordinarie, benché passeggere.
(p. 49)

Il primitivismo del buon selvaggio per Girard “è diventato la tradizione essenziale dell’Occidente” e il nucleo concettuale fondante dell’antropologia occidentale (p. 54). Così ci troviamo nel paradosso per cui l’autoadulazione occidentale si fonda sulla condanna di sé e sulla capacità di affermare la superiorità delle culture altre (p. 55). Ne La pietra dello scandalo ritroviamo evocati e brevemente delineati, oppure anche soltanto accennati, tutti i nodi fondamentali del pensiero girardiano. Anche i punti che l’autore stesso riconosce bisognosi di perfezionamento, o di cui si riconosce debitore ad altri (come a Giuseppe Fornari per l’idea di una “mediazione buona”, a p. 169). Penso che senz’altro sul valore delle religioni estranee alla tradizione giudaico-cristiana ci sia ancora molto da riflettere per il maestro francese e per i suoi discepoli ( e per tutti). Nel libro vedo anche qualche debolezza, o qualche giudizio affrettato, soprattutto nel colloquio con Maria Stella Barberi, come la singolare valorizzazione dell’Inquisizione secentesca alle pp. 112-113, in quanto sarebbe stata fondata sulla comprensione “che è necessario far prevalere le decisioni della legalità sullo scatenamento della folla”: l’idea che la decisione debba essere sottratta alla folla e affidata alla legge non è certo cristiana, e rimanda alle origini dello stato, e in particolare a Roma. Peraltro, mi pare che occorra ancora riflettere a fondo sulla relazione tra sacrificio, linciaggio, sterminio ed esecuzione capitale, le quattro fondamentali modalità di espressione della violenza umana che, intrecciate in vario modo, affiancano quella più spesso deprecata, la guerra.

Lascia un commento